Già a partire dalla prima segnalazione in letteratura nel 1964, l’utilizzazione di preparati ormonali atti ad impedire la gravidanza successivamente al rapporto sessuale è stata fonte di un acceso dibattito scientifico e bioetico.
Detti prodotti sono stati denominati, a livello internazionale, “contraccettivi d’emergenza”.
L’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) afferma che la contraccezione d’emergenza o post-coitale si riferisce a metodi contraccettivi che possono essere utilizzati per prevenire la gravidanza nei primi giorni dopo il rapporto.
Questa definizione tre le sue origini dall’introduzione del cambiamento terminologico avvenuto nel 1965 ad opera dell’Associazione dei ginecologi americani (ACOG): una trasformazione esclusivamente di carattere semantico, che ha ridefinito il concepimento e quindi l’inizio della gravidanza come il momento dell’annidamento dell’ovulo fecondato in utero.
Sicuramente non estranei a tale mutamento erano gli interessi che premevano per l’inclusione nell’ambito dei contraccettivi anche di presidi agenti con meccanismo anti-nidatorio.
L’OMS afferma anche che ogni donna in età riproduttiva può aver bisogno, ad un certo punto, della contraccezione d’emergenza per evitare una gravidanza indesiderata ed indica le situazioni in cui deve essere usata dopo che si è avuto il rapporto sessuale. Queste ultime sono riportate anche dalla S.I.C. (Società Italiana della Contraccezione) nel suo “Position paper sulla contraccezione per via orale” del 6 giugno 2011:
“La contraccezione d’emergenza è da utilizzarsi nelle seguenti condizioni:
quando non sia stato utilizzato alcun metodo contraccettivo;
quando via sia stato il fallimento o l’utilizzo non corretto di un altro metodo contraccettivo, come ad esempio:
° rottura accidentale, scivolamento o errato utilizzo del condom;
° dimenticanza della assunzione di pillole contraccettive combinate orali (…);
° ritardo di più di 12 ore nell’assunzione del contraccettivo orale a base di solo progestinico (desogestrel)
° ritardo di più di 14 giorni dell’iniezione mensile di preparati depot;
° ritardo nell’applicazione o rimozione intempestiva, volontaria o involontaria, di cerotto contraccettivo o di anello contraccettivo vaginale;
° rottura, lacerazione o rimozione precoce di diaframma o cappuccio cervicale;
° fallimento del coito interrotto (esempio di eiaculazione in vagina o sui genitali esterni);
° uso improprio o fallimento nell’applicazione di tavolette o creme spermicide;
° errori di calcolo o mancanza di astensione nei giorni fertili del ciclo in donne che utilizzano metodi basati sull’astinenza periodica;
° espulsione di dispositivo contraccettivo intrauterino;
° in caso di violenza sessuale quando la donna non sia adeguatamente protetta da un metodo contraccettivo.”
La Società Italiana della Contraccezione, nel Position paper citato, puntualizza che “la contraccezione d’emergenza viene definita come “metodica contraccettiva” poiché può solo prevenire e non interrompere una gravidanza già in atto (…) “metodica di supporto” in quanto il suo utilizzo non è da considerarsi come metodo contraccettivo abituale o di prima scelta, ma solo quando altri metodi non siano stati del tutto o correttamente utilizzati”. Afferma inoltre che “il termine complementare di “emergenza” suggerisce la necessità dell’uso tempestivo, dopo un rapporto non adeguatamente protetto, per massimizzarne l’efficacia, e sottolinea ulteriormente che tali regimi non sono proposti per un uso abituale, ma esclusivamente sporadico.”
La definizione di “contraccezione d’emergenza” dell’OMS, ripresa poi dalla S.I.C. è stata ed è tuttora oggetto di discussione in ambito scientifico e bioetico. Il nocciolo della questione è sempre da ricondurre al fatto della ridefinizione del concetto di concepimento e gravidanza da parte dell’ACOG.
La Società Medico-Scientifica Interdisciplinare PROMED Galileo rileva che “questa definizione, puramente convenzionale, ha consentito di considerare come “contraccettivo” qualsiasi strumento in grado di ostacolare la gravidanza, ma non è però scevra da problematicità. Se da un lato infatti si vuole individuare l’inizio della gravidanza nel momento dell’impianto dell’embrione (evento che per la completa realizzazione richiede peraltro circa un settimana di tempo), nei giorni che intercorrono tra il concepimento e l’adesione dell’embrione alla mucosa uterina (normalmente circa 5 giorni) si è comunque in presenza di un embrione”.
Non si è di fronte quindi ad un effetto “contraccettivo” ma “antinidatorio”.
Le Dott.sse Maria Luisa di Pietro e Roberta Minacori dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma, affermano che “l’evidenza scientifica di tale effetto antinidatorio smentisce, quindi, la stessa terminologia utilizzata per definire l’utilizzo di dati prodotti: non si tratta di un meccanismo contraccettivo (l’inibizione del concepimento avviene solo in una piccola percentuale di casi), bensì di un meccanismo prevalentemente abortivo qual è quello antinidatorio, che si estrinseca dopo l’avvenuta fecondazione, quando è già iniziato il processo di sviluppo di un nuova vita umana.”
J. Scotson, nel 1995, in “Emergency Contraception. Use of the Term is Erroneus“, afferma che: “It is vital to be accurate when using words and phrases.(...) contraception means against conception that which prevents conception occurring. The object of using the postcoital contraceptive pills is to prevent nidation and further development of the conceptus and to procure an early chemical abortion. One cannot prevent what has already occurred, and therefore the use of the term emergency contraception for early abortion is erroneous”: “E’ fondamentale essere precisi quando si usano parole e frasi. (...) contraccezione significa “contro la concezione”, ciò che impedisce che si verifichi la fecondazione. Lo scopo dell’utilizzo delle pillole contraccettive post-coitali è quello di prevenire l’annidamento e l’ulteriore sviluppo del concepito e di procurare un aborto chimico. Non si può impedire ciò che è già avvenuto, e quindi l’uso del termine “contraccezione d’emergenza” per l’aborto precoce è errato.”
Per tale ragione R.G. Rahwan, nel suo articolo “Morning-after birth control”, apparso su Lancet nel 1995, afferma che il termine “contraccezione d’emergenza” è equivoco e che è necessario parlare di “intercezione d’emergenza” o di “interruzione della gravidanza d’emergenza”.
Anna Fusina
Fonte: vitanascente.blogspot.it